GABRIELLA GIANSANTE*
O LA FORZA DELLA CREZIONE
di Gabriel-Aldo Bertozzi
Nel film Paradiso Perduto, diretto da A. Cuaron (USA 1998), il personaggio interpretato da Robert De Niro dice al suo giovane amico pittore: «Sei mai stato a Parigi? Un artista dovrebbe andare almeno una volta nella vita a Parigi!». Parigi come la Mecca della creatività. Misticismo poetico!
Se Parigi ha perso una parte del suo potere culturale sul piano politico ed economico (ma una parte soltanto), sul piano del fermento creativo, del fomite intellettuale e innovatore resta una capitale dei sensi più viva che mai!
La grande anima del passato, colma di genio avvolge sempre i suoi boulevards, i caffè, gli stupendi lucernai. E Gabriella Giansante, per buona parte, si è formata alla cultura, alla sensibilità parigina, traendone nutrimento come succhiando gocce di latte magico:
ému(e) jusqu’à la mort par le murmure du lait du matin et de la nuit du siècle dernier (A. Rimbaud)
Gabriella Giansante ha aderito, fin dal 1999, all’Internazionale Novatrice Infinitesimale, più nota col nome di Ini o Inismo. Io la conobbi all’Università di Teramo dove, nello stesso anno, conseguì la laurea in Scienze Politiche. La sua prorompente ma ragionata creatività («Il poeta diventa veggente attraverso una lunga, immensa ragionata creatività», scriveva Rimbaud) passò rapidamente, e con risultati sempre maggiori, dal pennello alla pellicola fotografica, al digitale, alla scrittura creativa (oltre a quella scientifica essendo professore universitario) fino a fonderle molto spesso insieme.
Dalla sua adesione all’Inismo, ha partecipato a tutte le iniziative del movimento, in Francia (in particolare Parigi, Ardèche, Arras, Nizza), Spagna, Grecia, assumendo anche il ruolo di direttore della rivista internazionale Inism, organo ufficiale degli Amici dell’Inismo.
Mi rifiuto qui di scrivere per lei quelle frasi con cui i cosiddetti critici d’arte commentano le opere dei loro artisti, frasi che si possono adeguare, per buona parte a chiunque. L’Inismo è un’altra cosa, piaccia o no, ma sempre qualcosa d’altro, come le opere di Gabriella. L’interpretazione dei suoi quadri d’altronde è, vuole e deve rimanere soggettiva. Lo suggeriscono (solo agli INIziati) anche i titoli delle sue opere, per esempio: Epacio que te quiero; Vers amoureux; Opera 132 (ecc.); C’è dialogo e dialogo!; Allégorie du temps; Allégorie de l’espace; Settima allegoria; Creatività della scienza; Procès de l’alchimie. Queste ultimi due titoli rivelano la sua natura di alchimista con l’oro che riversa nelle sue tele con le inie (segni inisti) polifoniche, a dispetto dell’idea – coi suoi capelli biondissimi e i suoi giovani occhi celesti – che gli alchimisti operano in età vetusta. La lingua inoltre in cui sono espressi tali titoli manifesta il luogo della composizione dell’opera. La prima lettera dell’acronimo INI, sta infatti per Internazionale. Una condizione più che una necessità per chi opera come lei nell’avanguardia, ben diversa dai piccoli poteri italiani voluti dai mercanti e destinati al silenzio futuro.
Passiamo quindi ai fatti, alla memoria della Storia:
Gabriella iniziò esponendo con successo in una delle più importanti gallerie del Quartiere Latino di Parigi (Espace de Nesle), nel dicembre 2003.
Continuò frequentando, senza soluzione di continuità, gli ambienti dell’avanguardia e dell’editoria.
A Parigi, partecipò, coi maggiori rappresentanti del movimento europei e statunitensi, l’11 ottobre, al XXV anniversario dell’Inismo, nel mitico Café de Flore, dove prima di lei operarono Apollinaire, dadaisti, surrealisti, esistenzialisti e i primi inisti (l’Inismo è nato proprio in quel caffè).
Artista di una sponda e dell’altra della Senna (flâneuse de deux rives), opera comunque soprattutto sulla Rive gauche, nel VIe arrondissement, dove ha partecipato con opere rimarchevoli alla grande esposizione INI. Alchimie du signe voluta appunto dalla Mairie del VIe.
Dello stesso quartiere, ricordo pure la sua mostra tenuta nella Galerie Mlaïka-Jeanne de Savoie nel maggio 2015.
Nonostante queste “colpe” (in Italia è così, in provincia è regola), Gabriella Giansante è pure propheta in patria. Ricordo l’esposizione (Gabriella Giansante) tenuta in Abruzzo nella Galleria d’Arte in CasaDeCampo (Teramo), quella di Taormina (INIGABY) del maggio 2011, e altre fino a tutte le più importanti fiere d’arte 2015-2016 (Genova 2015; Carrara 2015; Padova 2015; Genova 2016; Forlì 2016).
Professore di letteratura francese nel dipartimento di Lettere e Arti dell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti, Gabriella Giansante è autrice di un manifesto inista (spero, riprodotto in questo catalogo) e cofirmataria di altri. Tra le sue varie pubblicazioni segnalo con piacere: Philippe Soupault, di qua e di là dal Surrealismo – Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003 – (Per chi non lo sapesse, Philippe Soupault è stato cofondatore con André Breton del Surrealismo e uno dei miei più frequentati maestri in abito di scrittura narrativo); il suo studio sul romanzo camerunese “Anriette Madah e il romanzo camerunese” in Anriette Madah, La donna oggetto. Storia di un destino africano – Torino, L’Harmattan Italia, 2005 –; le traduzioni di due romanzi d’avventure di Arsenio Lupin (Victor della Brigade mondaine; L’Agece Barnett e Cie – Roma, Newton Compton Editori, 2012; vari saggi sull’avanguardia (segnalo Tristan Tzara contro la letteratura e l’arte per la letteratura e l’arte, per il prestigio della pubblicazione sui Cahiers Tristan Tzara pubblicati nella citta natale del fondatore del Dadaismo: Moinesti, in Romania). Gabriella Giansante è pure membro di direzione di Bérénice, rivista di studi comparati e ricerche sulle avanguardie e di Plaisance, rivista di lingua e letteratura francese nelle quali spesso pubblica suoi articoli.
[*] Testo pubblicato in Signo que te quiero, catalogo d’arte, Pescara, SIGRAF, 2016